
Il tormentone leitmotiv degli ultimi mesi è stato la vaccinazione, in proposito si sono sviluppati tantissimi dibattiti, pro e contro le vaccinazioni, e dove a torto o a ragione spesso la scienza veniva soppiantata dal “tifo”.
La vaccinazione è un presidio medico adottato dalla Sanità Pubblica con lo scopo di proteggere da malattie potenzialmente letali sia l’individuo sia la comunità. Le vaccinazioni hanno ridotto in maniera drastica e rilevante il numero di alcune patologie gravi, la mortalità in età pediatrica e le disabilità infantili.
Attualmente i vaccini disponibili sono estremamente sicuri e molto efficaci, tuttavia per l’alto costo vengono riservati a malattie infettive con morbilità e/o mortalità elevata.
La vaccinazione prevede la somministrazione di un vaccino sia a scopo profilattico (vaccinoprofilassi) che a scopo terapeutico (vaccinoterapia). In particolare la vaccinoprofilassi viene effettuata per creare uno stato immunitario di resistenza nei confronti di uno specifico agente infettivo virale o batterico. Ovverosia provocare una risposta immune per proteggere il singolo soggetto da quella patologia ma, contemporaneamente, limitare anche la diffusione di una patologia interrompendo la catena del contagio e, ove possibile, eradicarla definitivamente come è successo con il vaiolo. Tutto ciò aumenta il benessere fisico e psicosociale che viene chiamato salute, che non significa semplicemente mancanza di malattia, piuttosto viene considerata una risorsa per vivere il quotidiano, presupposto indispensabile per svolgere una vita attiva sotto il profilo personale, sociale ed economico. Per quanto attiene ai vaccini riteniamo che non sono mezzi onnipotenti e non sono esenti da effetti collaterali spiacevoli, pertanto bisogna sempre considerare il rapporto rischi benefici prima dell’inoculazione. Quindi, la vaccinazione viene raccomandata quando i benefici certi in termini di salute superano di molto i presunti effetti collaterali dovuti al vaccino.
La branca medica che si occupa di vaccinazioni è l’igiene, che ha per oggetto lo studio e lo sviluppo di mezzi per la conservazione della salute, anche tramite l’educazione. Inoltre l’igiene promuove la divulgazione di conoscenze, competenze, norme e attitudini, ma abbatte anche falsi miti e false credenze. Parimenti essa implementa nella popolazione la diffusione del sapere intorno ai fattori di protezione dalle cause patogene. Ciò porta alla riduzione dell’incidenza dei problemi di salute attraverso la riduzione dell’attecchimento di fattori di rischio. Infatti, cambiare un comportamento negativo significa sia proteggere l’individuo che produrre un impatto positivo all’interno della sua comunità d’appartenenza. L’educazione sanitaria incontra difficoltà svariate tra le quali l’agire su variabili che ogni individuo recepisce e processa in modo autonomo e molto personale, per cui è indispensabile parlare un linguaggio chiaro e non ambiguo. Insomma l’igiene è un settore della medicina che studia il modo di prevenire le malattie attraverso la prevenzione e che indica i provvedimenti sanitari impiegati per evitare l’insorgenza di malattie. Per cui, viene definita prevenzione l‘insieme degli interventi rivolti al singolo individuo, alla collettività e all’ambiente sia per promuovere e mantenere la condizione di benessere, sia per evitare l’insorgere di malattie.
Pertanto la prevenzione si prefigge di raggiungere i seguenti obiettivi: proteggere il singolo individuo, monitorare le malattie nelle popolazioni e arginare le patologie ed eradicarle. Anche se più frequentemente tali traguardi sono raggiungibili solo in parte. In base al momento di intervento la prevenzione può essere distinta in tre livelli: primaria, secondaria e terziaria.
La prevenzione primaria ha lo scopo di evitare l’instaurarsi della malattia attraverso la promozione della resistenza del singolo organismo con il ricorso a vaccinazioni, all’applicazione delle norme sulla sicurezza, all’eliminazione dei fattori causali e alla bonifica dei fattori di rischio. L’obiettivo è produrre una diminuzione del tasso di incidenza della malattia.
La prevenzione secondaria è rivolta ad individui clinicamente sani che presentano un danno biologico già in atto, con l’intento di guarire la lesione prima che la malattia si manifesti clinicamente. Attraverso la diagnosi precoce, un tipico esempio sono i tumori, dove la fattibilità della prevenzione secondaria e la sua utilità risentono delle peculiarità del tipo di malattia.
Viene utilizzato lo screening che non è un esame diagnostico, ma semplicemente un mezzo per selezionare e distinguere un gruppo sano da un gruppo che deve essere approfondito con un adeguato iter diagnostico, cioè la selezione di coloro che sono già ammalati, pur non presentando ancora sintomi di malattia.
Le indagini diagnostiche delle patologie non possono e non devono essere usate indiscriminatamente su tutta la popolazione generale, bensì mirate a predefiniti gruppi, considerando il rapporto costo/beneficio, la sensibilità e la specificità dei test di screening.
I test di screening sono soprattutto utili quando vengono applicati a malattie frequenti con conseguenze pesanti per la salute dell’individuo e a quelle malattie che hanno un lungo periodo di latenza clinica come le lesioni del collo dell’utero e del colon che possono degenerare in forme maligne. Invece per altre patologie la diagnosi precoce non aumenta la sopravvivenza come nel caso del carcinoma polmonare. In sintesi si può sostenere che la prevenzione secondaria dove è applicabile con pertinenza permette di ridurre sia l’incidenza, cioè i nuovi casi in un intervallo temporale, che la prevalenza della malattia, cioè il numero dei casi presenti in un dato momento. Tuttavia i risultati degli screening influiranno sui disegni dei futuri programmi per la pianificazione sanitaria e i finanziamenti del SSN, tenendo in debita considerazione l’accessibilità e la fruibilità delle cure; il tipo di organizzazione sanitaria sul territorio ed anche le integrazioni fra servizi sanitari e sociali sul territorio.
La prevenzione terziaria con la riabilitazione e la prevenzione delle recidive punta al reinserimento del malato nel contesto microsociale e sociale. L’obiettivo sarà quello di trattare la malattia conclamata per impedirne l’evoluzione e migliorare la prognosi. La prevenzione terziaria si identifica con la terapia, ossia in caso di neoplasia si procederà all’asportazione del tumore. Infine bisogna considerare la prevenzione della medicina non necessaria (prevenzione della ipermedicalizzazione) che serve per proteggere il malato da un approccio medico aggressivo o come dicevano i latini: “furor curandi et sanandi” e suggerire interventi che siano eticamente accettabili, allo scopo di evitare l’accanimento terapeutico.
Per una medicina valida ed etica il malato si pone al centro della pratica medica e così viene aiutato il malato non solo a ridurre la sofferenza fisica, ma anche a partecipare più attivamente al percorso clinico terapeutico e a vivere al meglio la propria vita. L’importanza della prevenzione è vecchia quanto la storia infatti troviamo tra le divinità greche il dio Asclepio che era il responsabile della salute con la collaborazione delle due figlie: Panacea e Igea. La prima erogava rimedi per guarire qualsiasi malattia, mentre l’altra figlia, Igea, aveva la funzione di prevenire le malattie agendo prima che il male si instaurasse.
In conclusione si può affermare che la prevenzione è l’intervento più efficace per la terapia di qualsiasi patologia, anche se a volte è molto costosa e non sempre elimina l’evento fatale, ma soltanto lo posticipa.