
Nelle moderne Economie il ciclo del valore e della produzione del reddito si determina in virtù dell’uso della moneta quale regolatore degli scambi, di natura economica(beni e servizi) e finanziaria(attivi e titoli). I processi produttivi si caratterizzano per una marcata divisione del lavoro e per l’ampia offerta di beni di natura immateriale; ne deriva l’insopprimibile necessità di distribuire la ricchezza incrementale per mezzo del denaro, unità di conto e misura del valore nonché mezzo di circolazione dello stesso. E’ chiaro quindi che i processi di consumo per potersi realizzare necessitano della formazione di adeguati stock monetari in rapporto al livello dei prezzi; così per le produzioni presso le imprese, che manifestano l’esigenza di anticipare i costi di acquisizione dei fattori della produzione(merci-lavoro-impianti-attrezzature e macchinari) nonché quelli di conduzione ed organizzazione dei processi. Nasce in tal modo in capo alle aziende di produzione un fabbisogno di capitali che impone il suo anticipato pareggio, mediante l’apporto di risorse monetarie a titolo di proprietà e di debito(vincolo finanziario). Dunque, nessun progetto d’impresa può realizzarsi senza la preventiva soddisfazione del vincolo finanziario.
Il problema è molto sentito nell’ambito delle micro-imprese ed in genere delle aziende di piccole dimensioni; i fatti si dispongono in guisa ostativa in ragione della situazione generale di penuria dei capitali in capo ad una larga quota della popolazione dei Paesi, anche di quelli ad Economia avanzata, per l’insufficiente dimensionamento dei redditi da lavoro mediamente conseguiti. Per cui, gli accumuli di risparmio si manifestano presso una quota ristretta di individui i quali si trovano in una condizione di duplice privilegio: da una parte, in ragione dell’alto tenore di vita e della ricchezza posseduta, dall’altra, per il vantaggio di poter avviare iniziative imprenditoriali in connessione alla disponibilità delle risorse necessarie.
In tali situazioni di contesto, assai diffuse, la “differenza” può derivare dall’attività delle banche commerciali, caratterizzate per la loro ampia presenza territoriale e per la raccolta del micro-risparmio nella forma dei depositi. Nel senso che l’intermediario bancario, in ragione della tipicità del proprio profilo operativo, si pone nella condizione di poter mobilizzare una quota delle risorse nazionali, diversamente indisponibile per il finanziamento dello sviluppo del Prodotto, per via della scarsa consistenza dei singoli depositi e per l’avversione al rischio manifestata dai possessori. I soggetti dotati di talenti personali e di capacità creativo-imprenditoriali possono così essere sostenuti nell’avvio di micro-attività ma non per questo non produttrici di reddito, per il vantaggio degli individui che impiegano in tali iniziative la propria forza lavoro, con diffusione del benessere economico. Ed invero, normalmente i soggetti non appartenenti alle classi economicamente agiate sono sprovvisti dei capitali sufficienti, determinandosi una penalizzazione dell’Economia nel suo complesso poiché i talenti e le risorse presenti nella società non vengono utilizzate ed adeguatamente valorizzate, con svantaggio della Nazione. E’ altresì chiaro che risulta mortificato il tanto osannato principio della democrazia economica, base della libera economia di mercato.
Dunque, le banche di deposito(commerciali) dovrebbero assumere l’onere di saper adeguatamente “valutare” la bontà dei progetti aziendali, presentati al vaglio da individui che si propongono come piccoli imprenditori, pronti ad investire le risorse finanziarie accumulate ma insufficienti per la risoluzione del vincolo finanziario. Si tratterebbe altresì di fornire un supporto alla stessa attività creativa del potenziale imprenditore, a volte sprovvisto della preparazione professionale necessaria per lo sviluppo di un budget correttamente impostato e dal quale risulti un piano economico-finanziario credibile e che dimostri la fattibilità del progetto. In tali circostanze il rischio economico-generale, consistente nella probabilità che i costi anticipati non trovino pareggio nel valore dei ricavi per vendita dei prodotti con evidenza di utili, assume un connotato di razionale ponderazione incoraggiando l’impiego del capitale poiché le possibilità di successo dell’iniziativa si mostrano consistenti. D’altra parte, in Economia non si rende possibile la produzione del valore e quindi la crescita e lo sviluppo senza l’assunzione di rischio nelle imprese, gli unici organismi capaci di generare nuovo valore incrementale.
Diventa quindi essenziale porre le premesse nel sistema dell’intermediazione finanziaria per sostenere l’avvio delle micro-iniziative commerciali, rendendo disponibili le risorse necessarie per il superamento del vincolo finanziario ed il conseguente pareggio del fabbisogno di capitale; e ciò è presupposto irrinunciabile per l’effettiva concretizzazione di una vera democrazia economica e di una libera economia di mercato. Tali auspicabili situazioni di contesto rendono onore al principio delle pari opportunità per ogni cittadino, sulla base del criterio meritocratico e della valorizzazione dei talenti personali.
Ma le moderne banche tradiscono tali orientamenti democratici nell’organizzazione dei propri processi operativi, sempre più orientati verso attività di finanza a fini speculativi sui mercati mobiliari, o alla vendita di prodotti e strumenti finanziari presso gli sportelli, spesso non confezionati in casa, allo scopo di lucrare consistenti ricavi da commissioni piuttosto che di aver cura di soddisfare le reali esigenze dei clienti. In verità, con il tempo, le strutture manageriali delle banche hanno elaborato convincimenti gestionali che trascurano di considerare la centralità della tradizionale funzione creditizia, fondata principalmente sull’erogazione di prestiti alle imprese minori ed alle famiglie; si ritiene a torto che tale attività sia portatrice di rischi crescenti ed oneri di gestione considerevoli, mentre appare vantaggioso il lucro di utili derivanti dalle differenze di prezzo sui titoli negoziati sui mercati ufficiali. In realtà tale operatività incrementa la rischiosità complessiva della gestione, poiché le oscillazioni dei corsi si mostrano accentuate nel breve periodo ed apparentemente non motivate da atteggiamenti di razionalità economica, piuttosto invece esse sono il risultato di azioni di tipo speculativo della concorrenza e degli operatori in posizioni di dominio; per cui ai profitti dell’oggi seguono le perdite del domani, ed a volte in misura maggiore. A tali deprecabili orientamenti gestionali si aggiunge la consuetudine della valutazione dei meriti creditizi dei richiedenti i prestiti per mezzo di tecniche di “scoring”, basate sull’utilizzo di dati quantitativi spesso soggetti a sensibili asimmetrie informative svantaggiose per la banca, trascurando di valutare i cosiddetti fattori immateriali causa del valore e riferibili principalmente ai talenti ed alle capacità delle risorse umane impiegate nei processi. Ne risultano giudizi spesso non in linea con la reale natura e qualità delle produzioni condotte presso le imprese, con duplice danno: da una parte, per il rifiuto di concedere il prestito ad iniziative meritevoli; dall’altra, per l’incremento dei rischi mediamente assunti dall’intermediario, finanziando soggetti non caratterizzati da adeguata capacità creditizia. Tale deprecabile situazione si aggrava in ragione della prassi consolidata della richiesta di garanzie collaterali di tipo patrimoniale, che si accompagna nella norma all’esito di una istruttoria di fido; con il risultato che anche le iniziative giudicate meritevoli non trovano il necessario sostegno finanziario perché sprovviste di beni da concedere in garanzia, nel chiaro dispregio del principio di democrazia economica e di ottima allocazione delle risorse nel sistema delle produzioni. Ne risulta una grave penalizzazione per l’Economia della Nazione e per la diffusione del benessere tra le classi della popolazione meno agiate.