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L’autonomia monetaria, atto di perversione dell’Ordine economico

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L’autonomia monetaria, atto di perversione dell’Ordine economico

 La moneta nasce sin dai tempi remoti come strumento di mobilizzazione (liquidazione) del Valore, inteso quest’ultimo come stock di beni e servizi di natura economica prodotti per soddisfare le necessità dell’uomo connesse alla propria esistenza fisica, nel privato e nel pubblico (Adam Smith, La Ricchezza delle nazioni, 1776).

Un’Economia fondata sul baratto ovvero sullo scambio di “bene contro bene o servizio” presenta una notevole rigidità nell’assolvere alla propria essenziale funzione: produrre e distribuire il Valore ai membri della collettività in guisa da assicurarne la sopravvivenza, meglio se in condizioni di equità e dignitosa esistenza di ogni individuo.

Da ciò, la definizione della moneta come “lubrificante dell’Economia”.

Nella storia economica dei popoli si sono alternati vari generi monetari, la cui essenziale differenza va ricercata nell’essere la banconota “bene” poiché dotata di valore intrinseco o “attivo finanziario”, in tal caso debito-credito (debito dell’emittente).

L’epoca moderna ha conosciuto infine due tipologie monetarie: quella metallica, in oro-argento o altro metallo; quella cartacea, in qualità di debito dell’emittente, “convertibile” in altro bene avente valore intrinseco, normalmente l’oro.

Sino al secolo XIX e parte del XX, il principale emittente della moneta era rappresentato dallo Stato sovrano ed in alcuni casi da altri Enti della pubblica amministrazione.

Il Principe provvedeva in tal modo ad “indebitarsi” per sostenere l’espansione della Spesa pubblica in occasione di guerre o per realizzare Opere pubbliche, il più delle volte strutturali allo sviluppo dell’Economia.

Le banconote erano a quel tempo di natura metallica, oro ed argento, ovvero cartacee ma convertibili a semplice richiesta in metallo prezioso secondo un “rapporto di cambio” definito all’atto dell’emissione.

Il biglietto legale assicurava l’acquisto di ogni bene e servizio prodotto e presente sul mercato così come il pagamento dei debiti di ogni natura, assumendo la moneta “potere liberatorio” per legge dello Stato di emissione (Galbraith J.K., Soldi, Rizzoli, 2013). E’ così ancora oggi.

Con il tempo ed in connessione all’enorme aumento dei biglietti legali in circolazione, per via dello sviluppo delle transazioni economiche e finanziarie in un sistema economico in continua espansione, o in conseguenza di una crescita esponenziale della Spesa pubblica in genere in ragione di conflitti bellici, le valute mondiali sono state dichiarate “inconvertibili” ovvero non più pagabili o rimborsabili con altro bene, normalmente l’oro.

Quale distinzione per l’utilizzatore tra la moneta convertibile e non?

La prima e’ portatrice di un duplice Valore: quello “intrinseco”, in ragione del rapporto di cambio con il metallo prezioso, e l’utilità’ economica che deriva dall’essere “bene universalmente fungibile” ovvero scambiabile con qualsiasi altro bene o valore finanziario.

Al contrario, per la moneta “non convertibile” non resta che il Valore in connessione alla propria fungibilità, che e’ connessa all’accettazione del pubblico ed al proprio corso legale dovuto a legge dello Stato (Eichengreen B., Golden Fetters, Oxford University Press, 2003).

Entrambi i generi monetari svolgono in verità la medesima ed insostituibile funzione:
rendere “liquido” ciò che per sua natura non e’ ovvero il Valore prodotto in Economia.

 Il lettore attento comprende che in un’Economia moderna e contemporanea non si può rinunciare all’uso della denaro, in ragione della forte divisione del lavoro in fabbrica e della natura immateriale di molti beni e servizi prodotti, per cui il lavoratore ed il partecipante in genere ai processi produttivi non può che appropriarsi della quota di Valore di competenza solo attraverso una sua “misurazione” secondo la valuta di riferimento e sua successiva “monetizzazione”:
il biglietto legale viene allora anche definito “unità di conto monetaria”.

Dal che, il Reddito prodotto e’ nella norma percepito in termini di salari-stipendi-interessi e profitti.

Va detto però che la moneta non convertibile in circolazione contiene in verità anch’essa un duplice Valore: per un verso, l’utilità’ connessa alla sua fungibilità; per altro, il Valore assorbito all’atto della sua accettazione come bene di scambio da parte degli operatori economici (si veda Yerushalmi D., su The Global Review, 2018).

Nel senso che al momento dell’emissione la moneta cartacea non contiene alcun Valore proprio, il quale “appare” all’atto della sua accettazione da parte del pubblico; in tal caso, colui che “scambia” un bene e servizio economico o un valore finanziario con tale “bene fungibile” (il biglietto legale in prima emissione) opera una “trasformazione” del Valore posseduto in termini “reali”, trasmutandolo in valore finanziario di natura monetaria: in tal modo il valore iniziale viene “trasfuso” nel biglietto-banconota.

Dunque, l’utilità’ economica contenuta nel bene diventa “liquida” in virtù dell’uso delle banconote;
da qui la definizione iniziale contenuta in questo breve lavoro: la moneta rende liquido il Valore prodotto.

La Ricchezza prodotta e detenuta dalla collettività assume allora due qualità essenziali:
la “reale”, in termini di stock di beni e servizi; la “monetario-finanziaria”, in qualità di disponibilità di contanti ovvero di crediti-titoli-azioni.

Entrambi rappresentano due “specie” dello stesso genere, il Valore prodotto.

La specie Reale non si presenta facilmente trasferibile senza l’uso della Finanza (moneta e crediti-titoli-azioni) che si rende invece idonea per mobilizzare la Ricchezza della Nazione.

Appare evidente al lettore che la moneta assume quindi un forte connotato di pubblico interesse, nel senso che essa assume la natura di “bene pubblico”, mostrandosi essenziale la circolazione di uno stock di biglietti adeguato nella sua dimensione in rapporto al Valore prodotto in Economia, in guisa che esso possa convenientemente essere distribuito a tutti i partecipanti ai processi della produzione in modo equo, consentendo ad ogni soggetto economico l’acquisizione dei beni necessari ad assicurare la propria sopravvivenza economica.

Per alcuni versi si può affermare che per un lungo periodo di tempo il denaro e’ stato considerato nei fatti un bene dal forte connotato di “pubblico interesse”, giacché la sua emissione fu sempre nella potestà dello Stato che ne regolò la circolazione secondo le esigenze connesse all’andamento della propria Spesa ed a quelle dell’Economia nella sua interezza.

Ciò non ostante, anche in tali situazioni di contesto resta da risolvere il problema centrale di un’Economia produttiva moderna che per ragion d’essere assume la caratteristica di monetaria (Economia monetaria e creditizia), non potendosi rinunciare all’aspetto “mobilizzazione” del Valore:
ci riferiamo alla necessità che il livello monetario dei salari e stipendi si mostri adeguato e sufficiente per assicurare un livello di benessere economico al di sopra delle necessità di sopravvivenza delle classi lavoratrici ed in genere di quelle meno abbienti, tenuto conto del livello medio dei prezzi dei beni e servizi economici.

La questione rappresenta uno dei temi maggiormente dibattuti nella vita economica di tutti i popoli, la cui soluzione non si mostra agevole per via di una prevalenza nell’Economia e nella Politica delle classi benestanti e dei detentori del Capitale tecnico-produttivo e finanziario.

Ma un’Amnistrazione statale equilibrata e lungimirante possiede gli strumenti necessari per “governare” la massa monetaria in circolazione, in guisa da non determinare negativi effetti sui processi di produzione del Valore (Reddito) e di distribuzione equa della Ricchezza della Nazione;
ed in effetti, l’emissione del biglietto legale e’ in tali casi una prerogativa dello Stato.

 Con il tempo e con la crescita delle Economie nazionali e’ intervenuta nei meccanismi economici e politici una grave perversione, un vulnus di notevole gravità: gli Stati sovrani  hanno “trasferito” l’emissione del biglietto legale (reso tale per legge) ad istituzioni finanziarie nella forma di banche e quindi operanti nella sfera del Diritto privato.

L’atto politico e’ di inaudita violenza poiché il Legislatore si svuota di una propria prerogativa assolutamente essenziale per proteggere e tutelare la vita economica dei propri cittadini, trasferendone la potestà ad organismi privati che si pongono l’obiettivo primario del profitto:

dunque il bene principale delle Nazioni, la specie monetaria della Ricchezza, assume la funzione di strumento di oppressione ed impoverimento dei popoli, poiché la sua emissione non risponde essenzialmente a ragioni di pubblico interesse bensì al meschino tornaconto dei capitalisti finanziari e per essi delle classi benestanti della società (Krylienko Andrei, 1988).

In una fase iniziale di tale violento processo di trasformazione dell’Economia dei molti in “interesse economico privato” dei pochi resta ancora in essere una fiebile possibilità che un Governo legittimo e lungimirante possa riprendere il controllo della situazione, giacché la decisione di emettere i biglietti legali resta una prerogativa dell’Autorità’ pubblica che conserva il Potere del Governo economico e monetario della Nazione, almeno formalmente.

Ma in tempi ancora più recenti il “vulnus” iniziale si trasforma in “abominio” poiché si e’ affermata la perversa situazione politica della totale “autonomia” delle cosiddette “autorità monetarie” (istituzioni private nella forma di banche!!!) nel decidere la dimensione dello stock di moneta in circolazione e dunque le sorti economiche dei popoli delle Nazioni:

beninteso, di “autorità” in tali istituzioni non v’e’ traccia, a meno che non ci si voglia riferire al potere che esse hanno di derubare i popoli della Ricchezza prodotta.

Nel senso che un gruppo di Capitalisti e Finanzieri, dominati da cinismo e spietatata sete di potere e di ricchezza, hanno nelle proprie mani i destini delle Nazioni moderne, in ragione del “tradimento” perpetuato dalle classi politiche che hanno inteso spogliarsi della più importante e centrale prerogativa di un legittimo Governo: il controllo e l’emissione del genere monetario ed il governo dell’Economia.

Per meglio chiarire al lettore la situazione, brevemente, vogliamo ricordare la funzione “mobilitatrice” che la moneta assume rispetto al Valore prodotto ed alla Ricchezza nazionale, in virtù della quale essa (il biglietto) all’atto dell’emissione e’ ” vuota di valore” non essendo convertibile in altro bene con specifica utilità economica, com’e’ nel caso della conversione in metallo aureo.

Il Valore si include nella banconota al momento della sua accettazione e dello scambio con Ricchezza reale (beni e servizi) o finanziaria (crediti-titoli-azioni).

Dunque, la circolazione monetaria mobilita e trasferisce come funzione continua del tempo il Valore in Economia che assume al momento della propria emissione, in virtù di un atto economico del pubblico.

Ciò non ostante, qualora l’emittente decide in totale “autonomia” dal Governo politico del Paese di ridurre la quantità di moneta in circolazione per l’attuazione di una decisione di “Politica monetaria”, prescindendo dalla legittimità della stessa e dalla sua reale utilità per il benessere dell’Economia nazionale, si realizza un “furto” di Ricchezza collettiva, giacché la banconota ha assorbito parte del Valore prodotto al momento della sua emissione:

in altri termini, i proprietari legittimi dei biglietti, i lavoratori ed in genere i cittadini, si vedono espropriati coattivamente di un Valore prodotto e trasferito negli stock monetari sino ad allora posseduti.

E’ un’azione politica ed economica di inaudita violenza; gli effetti nefasti sono duplici:

  • per un verso, si determina un’espropriazione illegittima della Ricchezza collettiva posseduta e circolante in termini monetari;
  • per altro, si pongono le premesse per una fase recessiva dell’Economia in ragione della minore capacità di spesa del pubblico e quindi per contrazione della domanda interna; ne deriva inasprimento della povertà per via dell’aumento della disoccupazione ed in genere per una riduzione dei redditi delle masse.

Per buona sorte del Diritto naturale e dei principi di Giustizia eterna tale deprecabile situazione non e’ manifesta con la stessa violenza in ogni contesto economico e politico planetario, seppur essa e’ prevalente nei principali Paesi ad Economia sviluppata, in speciale modo in quelli della cosiddetta area occidentale.

Ai posteri l’ardua sentenza!!!

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Uomo timorato e servo di Dio, nasce nel Mondo per tornare ad essere cittadino della Nazione ebraica. Laureato dapprima in Filosofia morale consegue in seguito la laurea in Economia ed un Dottorato di ricerca in Finanza di mercato e d’impresa; e’ Professore di ruolo nelle discipline finanziarie in diverse Universita’ per 25 anni di docenza; manager d’imprese commerciali e di istituzioni finanziarie ed infine studioso della filosofia, dell’Antica Sapienza e della esegesi biblica.Oggi si occupa dei malanni del mondo e di combattere la perniciosa ignoranza dell’uomo. Vive, studia e lavora in Israele.