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Il ruolo del turismo nella battaglia contro il terrorismo

Il turismo, strumento di riduzione delle barriere socio-culturali tra popoli di differenti matrici etniche, può divenire strumento di resilienza contro il terrorismo.

A partire dalla primordiale accezione letteraria ottocentesca del termine “turista” (dal francese antico torner del XII sec.), riferito a coloro che per esigenze ricreative o culturali soggiornano per breve tempo fuori dal proprio luogo di residenza – recepita tel quel nei primi decenni del XX secolo dalla Società delle Nazioni con la precisazione, tuttavia, che tale soggiorno extra moenia deve durare oltre le 24 ore – nel corso degli ultimi cinquant’anni si sono succedute svariate declinazioni per lo più incentrate sugli aspetti organizzativi delle attività di hospitality e sulle ricadute economico-sociali del trasferimento temporaneo di persone da un luogo ad un altro.

D’altro canto l’analisi del fenomeno coinvolge molteplici discipline, tra cui:

  • economia;
  • geografia;
  • sociologia;
  • psicologia sociale;
  • ecologia umana;
  • statistica;
  • urbanistica;
  • arti applicate, con visuali a volte coincidenti a volte contrastanti, facendo diventare il turismo una sorta di categoria concettuale magmatica in continua evoluzione, un forum di confronto per intellettuali, artisti, istituzioni ed esperti di settore.

Ad esempio, una distinzione abbastanza utilizzata è quella tra turismo attivo, della circolazione e passivo. Circa il momento della circolazione, vale a dire del trasferimento spaziale del turista, nulla quaestio, le diverse discipline sono abbastanza allineate, ma per quanto riguarda il turismo attivo e passivo geografi ed economisti confliggono.

  • Per i primi il turismo è attivo nel momento in cui il potenziale turista decide di allontanarsi dal luogo di abituale residenza, ed è passivo allorché la meta prescelta deve rispondere alle esigenze del soggetto in questione, oramai diventato turista de facto.
  • Per gli economisti, invece, la connotazione di “passività” si collega alla perdita subita per il trasferimento spaziale dal luogo di residenza di redditi prodotti in loco, quella dell’”attività”, ai vantaggi ottenuti nel luogo di arrivo grazie al ricevimento di redditi prodotti altrove.

Negli ultimi decenni emerge sempre più il turismo sostenibile, categoria concettuale complessa e articolata, in quanto coinvolge anche la problematica della sostenibilità. Questa ultima è senza dubbio, almeno inizialmente, di matrice ambientale ed economica, connotando una tipologia di sviluppo che soddisfi i bisogni della generazione presente senza inficiare la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri.

Compare per la prima volta nel corso della conferenza ONU sull’ambiente nel 1972, ed è stigmatizzata solo nel 1987, con la pubblicazione del cosiddetto rapporto Brundtland, laddove si individuano finalmente gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, l’unico possibile come sancisce la conferenza ONU su ambiente e crescita economica del 1992.

L’incontro/scontro tra il sistema eco-ambientale, dal cui equilibrio – molto sensibile all’evoluzione dello scenario tecnologico – dipende il futuro dell’essere umano, e il sistema antropico, causa sempre più spesso di alterazioni irreversibili del primo, è alla base della nozione di sostenibilità, che poi viene declinata anche in termini economici e sociali, giungendo a una definizione di progresso e benessere collettivo disancorata dai tradizionali parametri economico-finanziari (crescita del PIL, etc.), bensì focalizzata più sull’output della qualità di vita delle generazioni future, almeno di pari livello rispetto a quella attuale.

Evidentemente, in linea generale, per qualsivoglia operatore economico l’obiettivo della sostenibilità implica necessariamente l’assunzione di una responsabilità sociale e quindi l’adozione di comportamenti per così dire socialmente responsabili, tesi a massimizzare le aspettative di tutti gli interlocutori coinvolti a vario titolo dalla propria attività (stakeholder) e rendicontati attraverso gli strumenti/processi messi a punto dall’economia aziendale negli ultimi decenni, che vanno sotto il nome di CSR, Corporate Social Reporting.

« Tourism development shall be based on criteria of sustainability, which means that it must be ecologically bearable in the long term, as well as economically viable, and ethically and socially equitable for local communities » (« Lo sviluppo del turismo deve essere basato su criteri di sostenibilità, il che significa che deve essere ecologicamente sopportabile a lungo termine, oltre che economicamente fattibile ed eticamente e socialmente equo per le comunità locali ») (Charter for Sustainable Tourism, World Conference on Sustainable Tourism, Santa Cruz de Tenerife, June 1995), statuisce l’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO), che definisce turismo sostenibile « Tourism that takes full account of its current and future economic, social and environmental impacts, addressing the needs of visitors, the industry, the environment and host communities » (« Il turismo che tiene pienamente conto dei suoi attuali e futuri impatti economici, sociali e ambientali, affrontando le esigenze dei visitatori, dell’industria, dell’ambiente e delle comunità ospitanti »).

Tra le questioni di più stretta attualità in considerazione delle tristi congiunture politiche internazionali:

  • Quali sono i legami tra pace e turismo sostenibile?
  • Un turismo senza limitazioni e sostenibile può favorire la pace, sia in termini soggettivi sia in termini collettivi?
  • E può combattere inoltre il terrorismo?

Da sempre quello che gli anglosassoni definiscono Travel & Tourism è stato considerato foriero di pace, sicurezza e comprensione culturale, oltre che di notevoli ricadute economico-finanziarie sostenendo il 10% del PIL globale e procurando 1 posto di lavoro su 11 a livello mondiale (in tal senso, ad esempio, si sono pronunciati quasi tutti i presidenti degli USA da John F. Kennedy in poi).

Senza dubbio i paesi con un più alto livello di turismo sostenibile aperto godono di livelli più elevati di pace positiva, anche in senso prospettico, ottenendo minori livelli di violenza e conflitto e quindi maggiore resilienza all’incremento del terrorismo, anche se rivolto ai turisti stessi.

Sul tema uno studio effettuato nel 2016 da World Travel & Tourism Council (WTTC) in partnership con Institute of Economics and Peace (IEP) evidenzia alcuni aspetti interessanti.

Varie possono essere le connessioni tra turismo e terrorismo. I turisti possono costituire oggetto diretto dei terroristi, come nel caso:

  • del bombardamento di un aereo russo Metrojet in Egitto;
  • delle sparatorie in Tunisia nel 2015;
  • dell’attacco a Luxor nel 1998;
  • ovvero possono restare coinvolti da attentati più generalizzati come quelli succedutisi negli ultimi anni in Francia, Germania, Belgio, etc.

Possono essere prese di mira le strutture e infrastrutture per i trasporti di persone e cose, vale a dire aeroporti, stazioni ferroviarie, metropolitane, etc., con evidenti riflessi negativi sulla mobilità delle persone.

Un attacco terroristico riduce sempre il turismo nella zona interessata, anche se nel breve periodo, risultando in ogni caso più dannosa la frequenza degli attentati rispetto alla loro gravità.

L’industria turistica di un paese risente maggiormente dell’instabilità politica rispetto agli attacchi terroristici unici, e in effetti gli attentati non soggetti a ripetizione possono aumentare la domanda turistica per i paesi a rischio politico medio-basso poiché il crollo immediato dei prezzi porta spesso i turisti a tornarci.

Il settore del turismo riesce a recuperare molto prima a seguito di un attentato (circa 13 mesi in media) rispetto, ad esempio, a catastrofi naturali (circa 24 mesi in media).

Il tema è affascinante e l’approccio di WTTC rappresenta un primo passo di un’analisi molto complessa, che investe problematiche multidisciplinari, soprattutto allorché si cerchino nessi di causalità, in considerazione delle variabili in gioco.

In ogni caso, data la su citata nozione di sostenibilità, oggi incrementare il turismo può significare una migliore qualità della vita per le generazioni future, le quali, grazie a sedimentati scambi socio-culturali che riducono le barriere tra i popoli, potranno condurre un’esistenza più libera, in territori dove impera la pace positiva, in progressiva riduzione di conflitti sociali e politici.

Prof. Marco Eugenio Di Giandomenicohttp://www.marcoeugeniodigiandomenico.com
Scrittore, economista e critico dell’arte sostenibile, titolare di prestigiosi incarichi accademici presso università e accademie di belle arti italiane ed estere, opinionista televisivo (RAI UNO, RAINEWS), definito da principali testate giornalistiche nazionali (tra cui Il Sole 24 Ore, La Repubblica) tra i più noti manager ed economisti culturali italiani. Esperto del terzo settore, welfare e CSR (Corporate Social Reporting), chairman di grandi eventi su tematiche artistiche e culturali, curatore nel 2016 del film “Giants in Milan – Arte Sostenibile” prodotto da Ethicando Association in collaborazione con il Comune di Milano. Tra i suoi libri più di successo va menzionato senz’altro “Management Etico. Principi e Fondamenti”, edito da Giuffré Editore, II Edizione, 2014.
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